Terapia genica prenatale: un nuovo orizzonte per le malattie mitocondriali - Fondazione Mariani
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Terapia genica prenatale: un nuovo orizzonte per le malattie mitocondriali

Una importante innovazione nella medicina fetale arriva da un team di ricercatori italiani che ha messo a punto e testato una tecnica di somministrazione di terapia genica direttamente al feto, con l’obiettivo di intervenire su malattie genetiche gravi prima della nascita. Lo studio, pubblicato di recente sulla rivista Gene Therapy, è il frutto della collaborazione tra l’Ospedale Policlinico di Milano, il laboratorio Avantea di Cremona, e l’Istituto Neurologico Carlo Besta, con il sostegno della Fondazione Mariani, da sempre impegnata nella ricerca e cura delle malattie mitocondriali pediatriche.

La procedura, minimamente invasiva e guidata dall’ecografia, utilizza una iniezione transaddominale per veicolare un vettore virale (AAV9) nel sistema circolatorio fetale. I ricercatori sottolineano che, al momento, la terapia genica non è stata ancora applicata a una specifica patologia, ma testata su suini sani. Questo modello è stato scelto perché presenta caratteristiche molto simili a quelle umane in termini di dimensioni, anatomia, fisiologia, sviluppo fetale e risposta immunitaria.

È stato utilizzato un vettore virale (AAV9) contenente un gene “reporter” (GFP), che ha consentito di valutare la sicurezza della tecnica, la distribuzione del vettore nell’organismo e la fattibilità complessiva della procedura. Questo approccio presenta diversi vantaggi: le dimensioni ridotte del feto consentono l’uso di dosi più contenute; la barriera emato-encefalica è ancora immatura, facilitando l’accesso al cervello; e il sistema immunitario meno sviluppato riduce il rischio di reazioni avverse, rendendo possibile anche eventuali somministrazioni successive dopo la nascita.

Il progetto è coordinato dal dr. Dario Brunetti, in collaborazione con le dr.sse Alessia Di Donfrancesco, Chiara Guarona e Martina Greco, insieme al dr. Ivano Di Meo e alla dr.ssa Valeria Tiranti, direttrice del Centro Fondazione Mariani per le Malattie mitocondriali pediatriche. Fondamentale è stato il contributo sinergico del prof. Nicola Persico, esperto di chirurgia fetale e docente di Ostetricia e Ginecologia presso lo stesso Dipartimento, affiancato dalla dr.ssa Anastasia Giri dell’Ospedale Policlinico di Milano.

«L’obiettivo finale è applicare questa tecnica per trattare malattie genetiche che iniziano a danneggiare i tessuti già durante la gravidanza – spiega il dr. Brunetti, ricercatore dell’Unità di Genetica Medica e Neurogenetica dell’Istituto Carlo Besta e docente dell’Università degli Studi di Milano. «Intervenire già in epoca prenatale significa agire nel momento in cui i tessuti non hanno ancora subito danni irreversibili. Questo potrebbe cambiare radicalmente la successiva storia naturale della malattia, mitigando i problemi postnatali».

Nei modelli di suino utilizzati, la terapia ha mostrato una buona distribuzione sistemica, con espressione robusta del gene soprattutto in fegato e cuore, senza tossicità né complicanze per madri o feti. Il prossimo obiettivo dei ricercatori è quello di testare l’efficacia di questa tecnica su un modello suino con una mutazione nel gene SURF1 responsabile della sindrome di Leigh, una grave malattia mitocondriale ancora priva di cure.

«Prima di tradurre questa tecnologia in ambito clinico umano, saranno necessari studi più lunghi per valutarne la durata, la sicurezza a lungo termine e l’impatto sullo sviluppo» aggiunge la dr.ssa Tiranti, sottolineando come il sostegno della Fondazione abbia avuto un ruolo importante nel rendere possibile questa ricerca d’avanguardia.

«Abbiamo scelto un approccio che fosse non solo efficace, ma anche facilmente traslabile all’uomo. La procedura potrebbe essere estesa ad altre malattie mitocondriali, quindi in futuro servirà definire protocolli mirati per ciascuna patologia e avviare studi di fase iniziale su piccoli gruppi di pazienti affetti da malattie gravi prive di terapie efficaci» conclude il dr. Brunetti.

Si ringrazia per il contributo il dr. Dario Brunetti e la dr.ssa Valeria Tiranti della Fondazione IRCCS Istituto Neurologico Besta

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